Per Aristotele, la realtà è in atto o in potenza. L’albero è in atto, in quanto realtà perfettamente realizzata, il seme invece
è una realtà in potenza, perché diverrà albero. Gli economisti hanno imparato la lezione del filosofo greco e l’hanno adattata al campo della loro indagine. La differenza principale sta nel fatto che, mentre per Aristotele la realtà in atto è il
fine cui tende quella in potenza, spesso nella realtà economica i rapporti sono invertiti: quella in atto vorrebbe essere in
potenza.
Dall’insegnamento antico è scaturita la duplice nozione di prodotto interno lordo (v.
Il Pil effettivo è il valore di tutti i beni e servizi finali che i soggetti operanti all’interno di uno Stato sono riusciti a produrre in un determinato periodo, convenzionalmente l’anno.
Il Pil potenziale è invece il valore dei beni e dei servizi finali che i soggetti operanti all’interno del territorio nazionale
potrebbero produrre se fosse realizzata la condizione del pieno impiego delle risorse produttive (capitale e lavoro) disponibili.
Ma quando si verifica una tale circostanza? Quando la forza lavoro è interamente occupata? Quando tutti gli impianti
sono attivi giorno e notte e la produzione segue un ciclo continuo di 365 giorni? No, perché nella realtà un tale caso non
potrebbe mai darsi. Più che potenziale, un Pil definito da queste ipotesi sarebbe irreale.
Potenziale è invece quel prodotto che si ottiene quando viene realizzata la migliore delle ipotesi possibili, ossia quando i
disoccupati sono senza lavoro soltanto perché lo vogliono, cioè quando tutta la disoccupazione è frizionale. E quando
tutti gli impianti sono utilizzati secondo la loro piena capacità, che non significa al limite di rottura.
Se tali ipotesi consentono di definire il prodotto potenziale, non è in base a tali ipotesi che lo si calcola. Esso viene determinato per approssimazione in base ad altri indici. E soprattutto, non viene determinato il suo valore puntuale, ma
viene disegnato il suo andamento nel tempo.
Confrontando la dinamica del Pil effettivo con quella del Pil potenziale (differenza, questa, che tecnicamente prende
nome di gap del prodotto), gli economisti traggono utili informazioni circa gli indirizzi che i governi dovrebbero seguire
nelle loro politiche economiche: in particolare, quando un’economia cresce oltre il proprio potenziale di sviluppo, è opportuno che siano adottate politiche economiche restrittive, in modo da scongiurare il rischio di una fiammata inflazionistica; viceversa, quando il gap è negativo, le politiche economiche possono avere un indirizzo espansivo, in modo da
consentire all’economia di raggiungere il suo potenziale.